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Il vegetarianismo nel buddhismo; una scelta da considerare anche se non si è buddhisti

Premessa: il buddhismo si può dividere in due grandi filoni. La tradizione Theravada si basa sul Canone Pali, si considera erede del buddhismo delle origini ed è presente nel Sud-Est Asiatico e in Sri Lanka. Le varie tradizioni Mahayana (scuola tibetana, zen, terra pura, etc etc) invece si basano anche su sutra più tardi, che sarebbero stati trasmessi dal Buddha solo ad alcuni discepoli, e puntano molto sul cammino del bodhisattva, ossia una persona che rinuncia o ritarda il proprio ingresso nel nirvana per aiutare tutti gli altri individui a raggiungere la buddhità.
Fatta questa premessa, il vegetarianismo nel buddhismo è sempre stato oggetto di accese discussioni, dato che la questione è sfaccettata. La comunità buddhista originaria dipendeva dai laici per il cibo e l'alloggio: i monaci ricevevano sostentamento e i laici guadagnavano meriti dando loro il sostentamento. Mantenere questa economia basata sui meriti era fondamentale per la sopravvivenza della comunità buddhista. Rifiutare la carne avrebbe creato problemi: una famiglia che aveva ucciso e cucinato un pollo per i propri pasti quel giorno non avrebbe potuto donarlo ai monaci e accumulare karma positivo. Allo stesso modo, se i monaci avessero rifiutato le offerte di cibo, ciò avrebbe dato una cattiva immagine della comunità monastica. Il Buddha permise quindi ai suoi monaci di mangiare carne, ma a determinate condizioni. L'animale non doveva essere visto o sentito mentre veniva ucciso o sospettato di essere stato ucciso appositamente per loro. Quindi, i monaci non dovevano essere la causa dell'uccisione di un animale ma potevano mangiarne la carne se erano liberi da connessioni karmiche con la sua morte.
La tradizione Theravada di solito segue questa norma, ma non è detto. Per esempio, nel mio monastero di riferimento in Svizzera sono vegetariani. Per le tradizioni Mahayana invece la faccenda è diversa: l'obiettivo della pratica passa dalla liberazione di sé stessi (come nella tradizione Theravāda) alla liberazione di tutti gli esseri senzienti (compresi gli animali non umani) dalla sofferenza. Di conseguenza, la compassione diventa la virtù più apprezzata e una componente centrale nel modo in cui i buddhisti si relazionano con il mondo non umano. Quindi, come si può tendere alla liberazione di tutti gli esseri senzienti e continuare a ucciderne alcuni per nutrirsi? Nel Lankavatara Sutra il Buddha afferma che è inappropriato mangiare carne perché così facendo si crea una domanda di uccisione di esseri senzienti. In pratica, la legge della domanda e dell'offerta. Quindi, da una parte abbiamo un argomento del tipo "già che c'è carne disponibile (e l'animale non è stato ucciso per noi), non sprechiamola", dall'altra invece l'argomentazione è "se si mangia carne, si incentiva comunque l'uccisione degli animali".
Nell'antichità, gli animali pascolavano all'aperto fino al momento della macellazione e c'era un filo diretto tra l'animale e chi lo mangiava. Oggi gli (infernali) allevamenti intensivi sono la normalità e il processo di uccisione e macellazione è lontano dagli occhi e dal cuore di chi compra la carne al supermercato. Nell'antichità quindi si poteva ben capire se l'animale fosse stato ucciso specificatamente per una persona o no; oggi, secondo me, con l'industrializzazione dell'allevamento e le dimensioni colossali che ha, vale di più l'argomentazione Mahayana: se si mangia carne, si contribuisce comunque all'industria della carne. Domanda e offerta.
Ho sempre pensato che il vegetarianismo fosse la la scelta più giusta. Ho deciso di fare il passo definitivo quando ho iniziato a prendere sul serio il buddhismo e a riflettere sulle implicazioni di concetti come la compassione per tutti gli esseri senzienti, concetto che è comunque presente anche nella tradizione Theravada. Personalmente ho sempre ritenuto problematico la scissione che c'è tra chi acquista carne e l'animale ucciso: il consumo di carne è anestetizzato, non si riesce più a capire che quella coscia apparteneva a un pollo, che quel taglio è stato effettivamente tagliato a una mucca o a un maiale. Se guardo oltre alla confezione, alla sofferenza dietro quel taglio di carne, mi dico che non posso che essere vegetariano. Non è necessario però cercare di seguire gli insegnamenti del Buddha per essere vegetariani. Per esempio i problemi ambientali dovuti all'industria della carne possono essere uno sprone. Non è nemmeno necessario diventare 100% vegetariani o addirittura vegani, sarebbe già molto iniziare a limitare il proprio consumo di carne. Siamo così fortunati oggi che le alternative vegetariane sono tante e disponibili; possiamo approfittarne!